Dedicato a “tutti gli Scatenati” che negli anni hanno fatto parte della compagnia teatrale, esce nelle librerie
“Scatenati, dieci anni di Teatro Necessario in carcere”
edizioni “Il Canneto”
L’Associazione Teatro Necessario ha celebrato i 10 anni di attività di Teatro Necessario in carcere con la pubblicazione del volume, incaricando alla stesura Eliana Quattrini, con prefazione di Moni Ovadia
La realizzazione di questo volume è stata possibile grazie a
Compagnia di San Paolo, Il Canneto Editore, Tipografia Grafiche G7, Raffaella Valenti per l’impaginazione Grafica e la C.C. di Marassi
In questa pagina potete leggere frammenti tratti da alcune interviste
Oltre alle interviste, il libro contiene foto, aneddoti, il racconto della costruzione del Teatro dell’Arca, la storia degli spettacoli della Compagnia Scatenati e dei suoi attori, i ringraziamenti a tutti i protagonisti, gli enti, gli sponsor senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile
Mirella Cannata – Presidente dell’Associazione Teatro Necessario
Scatenati, dieci anni di teatro necessario in carcere:
9 spettacoli realizzati, oltre 200 detenuti coinvolti, circa 30.000 spettatori, numerosi corsi di formazione nei mestieri dello spettacolo e un vero e proprio teatro, il Teatro dell’Arca, interamente costruito, ex-novo, nell’intercinta del carcere di Marassi.
Come non essere orgogliosi, riconoscenti e nello stesso tempo increduli per un risultato che nessuno di noi avrebbe mai osato immaginare?
Fin dal primo laboratorio teatrale ci siamo resi conto che il teatro non era soltanto utile al carcere bensì “necessario”, perché il detenuto attraverso il teatro vive la possibilità di formarsi un’identità positiva, di scoprire nuove potenzialità, di sviluppare il livello di autostima, il senso di responsabilità e di sperimentare, attraverso la “bellezza” dell’esperienza, una nuova percezione di sé che gli viene confermata positivamente dagli applausi del pubblico.
Ma, allo stesso modo, ci siamo resi conto che anche il carcere era necessario al teatro perché l’attore detenuto, a differenza del professionista, mette in gioco, con il proprio corpo e la propria voce, emozioni autenticamente vissute e non il risultato di competenze tecniche e professionali acquisite, provocando perfino negli attori veri il bisogno di rimettersi in dubbio.
Dedicato a tutti gli Scatenati, a loro che non pretendiamo di “salvare” ma di riconoscere come uomini, prima che come persone che hanno commesso un reato, con l’augurio che il teatro possa costituire, almeno in parte, una forma di riscatto.
MIRELLA CANNATA
Carlo Imparato – Vice Presidente di Teatro Necessario
Come ripensa a questi dieci anni di attività a Marassi?
È stata l’esperienza più forte della mia vita. Provengo dal mondo dell’associazionismo cattolico e ho sempre lavorato con le persone più disagiate.
Cosa le ha dato il carcere?
Mi ha dato tanto in termini di umanità. Ho imparato molto.
Dove insegna?
Al Vittorio Emanuele II – Ruffini. Sono insegnante di religione.
AI miei alunni dico sempre che le emozioni ci rendono vivi e per questo le devono ritenere molto importanti.
Accompagno spesso le scolaresche in visita al carcere, non solo della mia scuola.
Cosa le dicono?
Del carcere hanno un’immagine da film e per loro, a 18 anni, è un’esperienza forte come per tutti, forse ancora di più. Si trovano di fronte a una realtà che non si aspettano. Li avverto sempre di domandare tutto quello che vogliono ai detenuti, eccetto il reato commesso. «Perché sei qui?» non lo devono chiedere. Una volta una ragazza lo ha fatto e il detenuto a cui si era rivolta le ha dato una risposta bellissima: «Perché prendevo sempre 5 di matematica». Non tutti riusciranno a vedere tutta questa umanità in carcere. Non ci riesce chi è miope, chi ha pregiudizi, chi non si vuole bene, chi ha paura, chi non crede al cambiamento, chi è convinto che fra buoni e cattivi ci sia una divisione netta.
CARLO IMPARATO
Sandro Baldacci – Regista e direttore artistico Teatro Necessario
Da quando, dieci anni fa, intrapresi il mio viaggio con il teatro in carcere e iniziai a lavorare con attori detenuti, non riuscii più a tornare indietro. Per me si era definitivamente infranta la lente deformante del “teatrino con le poltrone rosse”, del “politicamente corretto”, della “bella dizione”, della pazienza spesso necessaria per affrontare la spocchia e la presunzione di molti “professionisti”.
Mi innamorai invece della polvere e della sporcizia, del fatto che era necessario ripartire ogni volta da zero, della confusione che spesso regna durante le prove, della necessità continua di improvvisare per risolvere problemi che appaiono spesso, a prima vista, insormontabili.
Da tanti anni oramai lavoro con coloro che gran parte della società considera “diversi”, al punto tale che non sono più in grado di distinguere fra “normalità” e “diversità”. Non so se lavorare con questa “diversità” mi abbia reso migliore, certo ha reso anche me “diverso” e oggi so, con assoluta certezza, che proprio nella diversità e nella propria capacità di saperla accettare e di saperla condividere risiede il più profondo valore della nostra vita, quel valore che, ogni giorno, tento continuamente di trasmettere ai miei figli.
SANDRO BALDACCI
Salvatore Mazzeo
Direttore della Casa Circondariale di Genova Marassi fino al 2015
Capita che un uomo si affezioni a un carcere.
È successo a Salvatore Mazzeo, che oggi lavora altrove e dice: «Mi mancano i detenuti». Mazzeo è stato direttore della Casa Circondariale di Genova Marassi dal febbraio 2003 al novembre 2015.
Oggi tutti dicono che senza di lui il teatro non ci sarebbe stato.
Cos’è per lei il Teatro dell’Arca?
Un’esperienza unica. Nella mia carriera di direttore penitenziario per la prima volta mi sono occupato veramente di rieducazione.
Abbiamo portato la cultura, la conoscenza all’interno del carcere e abbiamo esplicato il principio espresso dall’articolo 27 della Costituzione Italiana, secondo cui «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato».
In che senso le mancano i detenuti?
È un rapporto affascinante. Sono persone che non hanno avuto un’educazione completa né un inserimento sociale giusto.
Il risultato è una personalità incompleta, tant’è che hanno commesso dei reati, a volte gravissimi, innanzitutto per la loro incapacità di interiorizzare le regole della nostra società.
Perché non parla mai di cattiveria?
L’uomo non è nato cattivo. Il bambino è innocente. Strada facendo magari si commettono violenze, si ruba, si ingannano gli altri. Il percorso della vita può essere sbagliato, ma l’uomo fondamentalmente è buono.
SALVATORE MAZZEO
Maria Milano – Direttore della Casa Circondariale di Genova Marassi
Maria Milano è arrivata alla direzione della Casa Circondariale di Marassi il 23 novembre 2015.
Che atmosfera ha trovato?
Ho trovato una fucina di idee. Un ambiente molto vivace e pieno di attività.
In questo panorama come giudica la presenza del teatro e della compagnia?
Sono attività positive e meritevoli, di cui è stato promotore il mio collega Salvatore Mazzeo, che le ha sostenute con decisione fin dall’inizio e il suo entusiasmo va ringraziato. L’idea che ho apprezzato di più è lo sviluppo di un rapporto fra esterno ed interno mirato alla creazione di un’identità che qualifica uno spazio vuoto, dove ora infatti sorge il Teatro dell’Arca. Ma non è secondaria neppure la collaborazione tra pubblico e privato, il cui sforzo congiunto ha portato un risultato notevole.
Un ruolo altrettanto importante ha avuto il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, i cui uffici hanno seguito molti degli aspetti tecnici e burocratici necessari alla realizzazione dell’opera. Ognuno ha fatto la sua parte e tutto questo è stato realizzato concretamente grazie all’impegno ammirevole di Mirella Cannata e di tutte le persone che hanno partecipato al lavoro. Non posso che parlarne bene. Che la società si occupi di quello che accade qui dentro è un grande passo avanti e ciò che ha prodotto questo risultato va difeso.
MARIA MILANO
Moni Ovadia – scrittore e drammaturgo
“Un manipolo di donne e uomini di teatro, “il Teatro Necessario”,
in alleanza con un coraggioso e lungimirante direttore di carcere ha
dato vita ad un magnifico atto di civiltà dell’uomo che in un luogo di
reclusione illumina l’orizzonte di un’altra Italia possibile. […] Un teatro così è davvero necessario”.
MONI OVADIA
Vito Minoia
Studioso di teatro educativo inclusivo all’Università di Urbino
Presidente Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere
Il 5 maggio 2016 si compie un piccolo miracolo. Si inaugura il Teatro dell’Arca nella Casa Circondariale di Genova – Marassi.
Un risultato ottenuto da Teatro Necessario Onlus, che ha saputo dare corpo negli anni a progetti di formazione professionale rivolti a detenuti, costruendo delle opportunità e favorendo veri e propri “progetti di vita”.
Mirella, Sandro, Carlo e tutti i loro collaboratori sono riusciti a coronare un bel sogno: offrire alla città di Genova un nuovo spazio teatrale in grado di favorire nuovi legami moltiplicando le interazioni sociali orientate a promuovere processi di inclusione sociale.
VITO MINOIA
Luca Di Naro – Tecnico
Io adesso sono tecnico luci nei concerti, all’aperto e nei teatri. Mi occupo di tutta la parte illuminotecnica.[…] Ho un debito di riconoscenza con Mazzeo, Teatro Necessario e Fuoriscena.
Oggi mi trovo nel cast tecnico di artisti come Fiorella Mannoia, Carmen Consoli, Simone Cristicchi. Sono soddisfazioni.
Perché all’inizio ha deciso di partecipare al teatro in carcere?
Inizialmente per me era semplicemente un’opportunità per uscire dalla cella. Ho imparato più di un lavoro.
[…] Spesso penso: se quel giorno in cui è uscita la circolare in carcere, in cui in bacheca era appeso il foglio per chi voleva partecipare al teatro, uscivo all’aria senza considerarlo, probabilmente oggi sarei nel contesto in cui ero. Poteva succedere. Lì dentro tendi a rassegnarti, a dirti «tanto non so fare altro», ma è solo perché non hai mai provato altro.
A che spettacoli ha partecipato?
Più che altro mi sono occupato della costruzione del teatro. Con Amleto ero alla consolle luci.
Sarà stato esaltante fare nascere il teatro con le proprie mani.
È stato fantastico. […] Ora so che parlano sempre di noi, «quelli di Teatro Necessario», ed è motivo di orgoglio.
LUCA DI NARO